Per molti anni il concetto di esperienza di pre-morte (NDE) è stato associato a una situazione in cui la vita di una persona è in pericolo (o lo pensa). Ma la consapevolezza della minaccia implica la percezione della stessa. La sequenza però può essere invertita: la NDE può sorgere come risultato della convinzione di una persona che vi sia un rischio per la propria vita ed il rischio può essere reale o meno.

Questo approccio è seguito da ricercatori francesi e britannici (Evrard, Pratte e Rabeyron). Gli autori hanno deciso di organizzare un dibattito scientifico con un gruppo di scienziati guidati da Sam Parnia (USA), che nel febbraio di quest’anno ha proposto un nuovo concetto di NDE, sostenendo che le vere esperienze di pre-morte sono solo quelle in cui c’è un pericolo reale. Il resto delle situazioni, simili alle NDE, non hanno nulla a che fare con la morte e non cambiano la persona, la sua visione del mondo e i suoi valori – vale a dire che se il sopravvissuto non è “trasformato”, allora non si tratta di una vera NDE.

In disaccordo con questa affermazione, i ricercatori europei osservano che solo due terzi dei sopravvissuti alle NDE riferiscono una trasformazione della loro visione del mondo, il restante terzo non lo fa. Anche gli elementi mistici non sempre sono presenti, anche se, tali storie sono attraenti.

Le esperienze di pre-morte che si verificano durante il sonno, la meditazione, l’uso di droghe o alcol, così come i semplici svenimenti, hanno talvolta lo stesso effetto delle NDE in terapia intensiva. Gli autori sferrano un duro attacco ai loro colleghi, osservando che negare le coincidenze, dichiarandole superficiali o artificiali, è una forma di regressione, non di ricerca scientifica.

Considerate reale una NDE senza una reale minaccia per la vita?

L’articolo è stato pubblicato nel giugno 2022 sulla rivista Annals of the New York Academy of Sciences

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