I pazienti che hanno sperimentato la morte clinica e le OBE (esperienze fuori dal corpo) hanno paura di condividere le proprie storia con gli altri. Quando ne parlano con i professionisti medici, o i propri cari, si ritrovano incompresi e rigettati, e infine isolati e depressi.

I Membri dell’associazione internazionale delle esperienze premorte, Lilia Samoilo e Diane Corcoran, hanno aiutato tante persone a superare queste esperienze negative da circa 40 anni. In un articolo pubblicato nella primavera 2020, scienziati e attivisti hanno parlato della mancanza di cura dei pazienti che sperimentano esperienze premorte e le conseguenze di ciò.

Nell’articolo gli autori discutono le storie di esperienza premorte di 12 pazienti. Rispetto alla cura di questi pazienti in ospedale, spesso raccontano di avere incontrato comportamenti di pregiudizio dallo staff sanitario. Gli autori si occupano specialmente di bambini che hanno sperimentato la morte clinica. Spesso viene riscontrato scetticismo, e a volte vengono anche puniti per avere mentito. Per i pazienti giovani, l’impatto di tali esperienze a lungo termine è piú significante che per gli adulti.

Per esempio, una delle persone intervistate per l’articolo, Bill Mc Donald, che aveva avuto una simile esperienza da bambino, dice: “il personale medico rifiutò di ascoltare la mia esperienza premorte come se fossi un malato mentale”. Secondo gli autori, i curricula delle scuole mediche dovrebbero includere informazioni anche sulle NDE, per permettere il futuro staff medico di supportare adeguatamente i pazienti che hanno sperimentato NDE.

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Lo studio è pubblicato nella primavera del 2020 dalla rivista “Narrative Inquiry in Bioethics

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