Tradizionalmente si ritiene che l’arresto cardiaco porti a una perdita di coscienza, ma i ricercatori si sono chiesti se un paziente possa mantenere una qualche attività cognitiva al momento di morire. Molti racconti di esperienze di pre-morte (NDE) supportano questa ipotesi: il 10-20% dei sopravvissuti, appartenenti a culture e religioni diverse, raccontano di avventure che sembravano loro assolutamente reali.

Un gruppo di scienziati americani ha analizzato gli elettroencefalogrammi (EEG) di quattro individui che hanno sperimentato la morte clinica alla ricerca di una risposta. Come notano gli autori, le NDE sono un paradosso biologico: sfidano le conoscenze fondamentali sul cervello morente che, secondo l’opinione diffusa, non funziona in tali condizioni.

Tuttavia, lo studio ha dimostrato che l’interruzione del supporto ventilatorio stimola un’esplosione di attività gamma (>25 Hz) in alcuni pazienti in stato di pre-morte. Questo fenomeno è stato osservato in due dei quattro pazienti, che lamentavano entrambi crisi epilettiche. Inoltre, gli autori notano un legame tra le NDE e l’epilessia, che può causare allucinazioni visive ed esperienze extracorporee (un altro stato di fase – termine che include anche le NDE).

Tuttavia, gli scienziati ritengono che l’aumento dell’attività in un cervello morente non sia una prova di coscienza. Le esperienze soggettive riportate dalle persone dopo una rianimazione riuscita rappresentano un problema troppo complesso da comprendere.

Credete nella coscienza dopo un arresto cardiaco?

L’articolo è stato pubblicato nel maggio 2023 sulla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences.

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